Lorenzo Cipriani, oltre a essere un talentuoso scrittore e fotografo, è un navigatore esperto che ha dedicato la sua vita all’esplorazione dei mari e alla narrazione visiva e letteraria delle sue avventure. Attualmente a bordo della sua barca, lo abbiamo contattato per parlare delle sue esperienze, delle sue ispirazioni e del profondo legame che lo unisce al Mediterraneo. Uno sguardo dettagliato sul suo viaggio, sul significato del navigare oggi e sulla realizzazione del suo progetto “Art Odyssey” (Metilene Edizioni, 2024).
Cosa vuol dire prendere il mare oggi? E perché proprio il Mediterraneo?
Prendere il mare oggi significa immergersi in un’esperienza che, pur evolvendosi con le nuove tecnologie, conserva intatta la sua essenza antica. Navigare nel Mediterraneo permette di percepire un senso di continuità con il passato. Le moderne tecnologie offrono scafi più sicuri e strumenti di navigazione avanzati, ma una volta lasciato il porto, ci ritroviamo in un elemento che rimane essenzialmente ostile e misterioso. Il confine tra mare e cielo si confonde, e sotto di noi si estendono abissi insondabili. Nel Mediterraneo, le rotte che percorriamo sono le stesse solcate dagli antichi navigatori. I venti, le correnti, i porti e le rade non sono cambiati. Mi piace pensare che sto gettando l’ancora nello stesso luogo in cui lo hanno fatto marinai di epoche passate. Quando navighiamo di notte, continuiamo a farci guidare dai fari e dalle stelle. Ho scelto il Mediterraneo perché rappresenta la culla della cultura occidentale. In un momento storico caratterizzato da guerre, incertezze e cambiamenti climatici, tornare alle nostre origini può offrire una preziosa opportunità di riflessione. Il Mediterraneo ci invita a ripercorrere le strade dei nostri antenati e a riflettere su cosa abbiamo perduto lungo il cammino e su cosa possiamo ancora imparare da questo mare dove tutto ha avuto inizio. E forse tornare alle nostre origini, alle origini della nostra cultura, vuol dire chiederci: che strada abbiamo percorso? Cosa ci siamo perduti lungo il tragitto? E che cosa può ancora insegnarci il Mediterraneo, dove tutto ha avuto inizio?
Il tuo libro fotografico “Art Odyssey” rappresenta una fusione unica tra storia, arte e avventura in mare. Com’è nata l’idea di questo progetto e quali sono state le principali ispirazioni?
L’idea di “Art Odyssey” è nata al termine di un’avventura epica. Con Valerio Bardi, proprietario della barca Milanto, abbiamo completato un giro del mondo durante la pandemia, un’impresa complessa. Dopo aver affrontato sfide immense, come il rifiuto di approdo in Paesi come la Papua Nuova Guinea e l’Australia e lunghe navigazioni con equipaggio ridotto, ci siamo chiesti quale fosse il prossimo passo. Rientrando nel Mediterraneo, passando attraverso lo stretto di Gibilterra, le Colonne d’Ercole, abbiamo sentito un richiamo forte verso il “Mare Nostrum”. Da lì è nata l’idea di compiere un giro del mondo antico, esplorando le stesse rotte che gli antichi popoli hanno navigato. Le mie principali fonti d’ispirazione sono stati i libri. Un viaggio inizia sempre da molto lontano, da quando si comincia a sognare, a immaginare nella propria testa. Fin da bambino, sono stato affascinato dai romanzi di avventura di autori come Stevenson, Melville e Conrad, e forse questi viaggi sono nati proprio lì, quando si è cominciato a formare nella mia mente questo sogno di avventura lungo i mari del mondo. Durante il viaggio, ho portato con me classici come l’Iliade, l’Odissea, il Periplo della Grecia di Pausania e la Guerra del Peloponneso di Tucidide. Leggere queste opere mentre esploravo il Mediterraneo mi ha permesso di rivivere le emozioni degli antichi navigatori. Le descrizioni dei luoghi che leggevo nei libri prendevano vita davanti ai miei occhi, creando un legame profondo tra passato e presente.
In “Art Odyssey” descrivi il Mediterraneo come “un vasto museo diffuso”. C’è un’immagine, uno scenario, uno scorcio o un paesaggio fra quelli incontrati che più di altri rappresenta il patrimonio culturale del Mediterraneo?
Sì, ci sono le grandi città dell’antichità come Atene, Istanbul, Efeso o Mileto. Raggiungerle dal mare è molto diverso che raggiungerle da terra. Arrivare a Istanbul al tramonto, quando gli ultimi raggi di sole illuminano le cupole dorate delle moschee, è un’esperienza unica, straordinaria. E conquistarsi quell’arrivo vuol dire davvero appropriarsi di una memoria segreta di queste città. Sono queste per me le immagini e gli scenari simbolo che più di altri, rappresentano il patrimonio culturale del mediterraneo: i grandi templi che si affacciano sul mare, penso per esempio a quando abbiamo doppiato Capo Sunio con il tempio di Poseidone che guarda tutto il Mar Egeo. Da quel luogo sono nate tantissime leggende, come quella di Egeo che si gettò dalla rupe, dando il nome al mare. Questi templi, città e paesaggi non sono solo testimoni di antiche civiltà, ma anche di storie, miti e leggende che hanno fondato la nostra cultura.
Come hai scelto cosa fotografare e cosa non fotografare? Avevi già un’idea precisa o è stata una scelta del momento?
Non sono un fotografo professionista, ma ho imparato a fotografare durante la scuola di restauro, dove una delle mie competenze principali era la documentazione fotografica delle opere d’arte. Utilizzavo macchine analogiche e ho avuto la fortuna di essere formato da un architetto pistoiese, Alessandro Andreini, un grande fotografo d’arte. Durante i viaggi, mi ritrovo spesso di fronte a paesaggi e scene che sono già pronte per essere fotografate. Non sono io a cercarle, ma sono loro a trovarmi. Utilizzo una reflex digitale Nikon, una GoPro e un iPhone per catturare le immagini. La scelta di cosa fotografare è spesso istintiva, guidata dal momento e dall’emozione che quel paesaggio o quella scena mi trasmette.
Sei anche uno skipper professionista con oltre venti anni di esperienza e hai realizzato viaggi incredibili come il giro del mondo seguendo la rotta degli Alisei. Cosa significa oggi essere un esploratore oggi?
Essere un esploratore oggi significa spesso andare alla ricerca del passato più che del nuovo. Sono andato a ricercare quello che le nostre società tecnologicamente avanzate forse hanno un po’ perduto, e cioè la memoria del passato, la memoria dell’antico. E soprattutto sono andato a ricercare quell’antico rapporto che i popoli che hanno fondato il Mediterraneo avevano con la natura. Andare per mare oggi significa ristabilire quel rapporto intimo con la natura che avevano i popoli del passato.